Corri come il vento, Bullseye!
Commentare i lungometraggi Pixar ad ogni loro uscita, come feci a suo tempo per Ratatouille, per Cars (Motori ruggenti) e più recentemente per Up!, è oramai una mia consuetudine. Anche se con molto ritardo rispetto all'uscita nelle sale italiane, ho potuto gustare finalmente Toy Story 3 - La grande fuga, grazie a Luisa.
Toy Story - Il mondo dei giocattoli, primo episodio della trilogia, venne proiettato in anteprima mondiale il 19 novembre 1995 a Los Angeles, segnando l'inizio di uno sviluppo tecnico, tecnologico e narrativo che ha portato la Pixar di John Lasseter all'eccellenza. Confrontarsi con questo precedente è stata una decisione coraggiosa che ha condotto ad un nuovo incredibile successo.
Da autentico fanatico, non mi è possibile neppure stavolta abbandonare i toni ditirambici dei miei passati interventi, dal momento che essendo Toy Story la bandiera Pixar, la cura per questa pellicola è stata maniacale (finalmente tornate le scenette nei titoli di coda!), con una sceneggiatura di gran lunga migliore dei seppur notevoli lavori degli ultimi anni.
Tecnica, tecnologia e plot narrativo si è detto: in tutti questi aspetti Toy Story 3 mostra la spirale di sviluppo percorsa dalla casa di Emeryville. Per la prima si possono apprezzare le vette raggiunte da RenderMan nella gestione dell'illuminazione globale, che sfrutta in questo lavoro tutta l'esperienza mutuata dai fondali complessi di "Wall-E", migliorandola ulteriormente.
E' la filosofia Pixar. E' la filosofia delle sfide da raccogliere per migliorarsi. In "Finding Nemo" la sfida era ambientare credibilmente scene subacquee illuminandole con naturalezza, in "Monsters & Co." è stata quella di generare i movimenti dei simpatici mostriciattoli pelosi, in "Cars - Motori ruggenti" quella di animare 300.000 automobiline urlanti in uno stadio. Poi c'è stato "Up" dove l'impegno è stato quello di animare con una fisica corretta migliaia di palloncini pieni di elio.
Toy Story 3 è la sintesi di tutto questo, un concentrato di sfide vinte, anche grazie ad uno sviluppo appassionante del software Marionette. Nè è l'esempio tecnico la soluzione trovata per l'enorme sforzo di calcolo necessario per la scena della discarica: migliaia e migliaia di pezzetti di rifiuti che navigano verso l'inceneritore. Il trionfo dell'animazione procedurale (non era possibile animare tutto "a mano"!) raggiunta ha permesso di realizzare riprese dove la pregevolezza di RenderMan imita alla perfezione gli effetti di camera di una cinepresa vera, mentre si possono apprezzare i dettagli di ogni singolo frammento in scena.
La tecnologia dietro Toy Story è motorizzata ancora Intel, per le svariate cpu necessarie al calcolo di rendering. Poche parole invece per la resa 3D ottenuta con i famosi occhialini al cinema. Dopo Avatar la moda è esplosa e la stereoscopia è tornata in voga, anche per Pixar. Posso solamente dire che questo approccio modaiolo funziona quando è parte della narrazione (come nel caso del corto "Day and Night" presentato proprio insieme a Toy Story 3), per il resto questo lungometraggio sarebbe un capolavoro anche "piatto" (ho avuto la fortuna di ricevere in sala occhialini polarizzanti attivi però!).
Ma è nella narrazione che Pixar si è davvero superata: "The whole deal with our films, from our point of view, is that we want you to be enveloped in the emotion and the storytelling and not think about the effects," dice Darla Anderson, produttrice di Toy Story 3. "We hope that you notice [gli effetti speciali] maybe the fifth time you watch it...but most of the time we just want to entertain you and envelope you".
Senza rivelare troppo della trama, posso solo riportare che i passaggi dagli esilaranti toni comici (Ken & Barbie sono geniali!) al melodramma (difficile non commuoversi sul finale) e di nuovo alla parodia, sono realmente magistrali. Non si può non essere d'accordo con Paolo Mereghetti, che sulle pagine del Corriere scrive "un fuoco d'artificio di trovate e di colpi di scena che passano dalla commedia al dramma fino al melodramma, capaci di bruciare in pochi sequenze materiali per almeno un'altra dozzina di film. (...) C'è la capacità di passare da un cinema d'invenzione a uno di emozione a un'altro ancora di riflessione senza perdere mai di vista il piacere dell'avventura e della sorpresa".
Grazie Pixar!
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